Compagnia Teatrale Amatoriale - Cuggiono (MI)

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CONTINUA IL SUCCESSO DI “JUDAS – OPERA ROCK”

Gli Operandisti Moderni tornano in scena, ospiti della Sala della Comunità S. Ambrogio di Arluno, che in collaborazione con il Comune di Arluno portano gli arlunesi a vedere “Judas – Opera Rock”. 

Lo spettacolo, alla sua terza replica della stagione teatrale, ha raccolto nuovamente un grande successo, complice il calorosissimo pubblico presente in sala. 

Abbiamo fatto due chiacchiere con Matteo Cassani, Direttore Artistico della Compagnia Teatrale, che in questo spettacolo interpreta “Jesus” e firma la regia dello spettacolo. 

Come sta reagendo il pubblico a questo spettacolo?

Per ora siamo alla terza replica dello spettacolo, dopo la prima a Mesero nel Febbraio 2023 e una seconda data a Cuggiono nel Maggio 2023. Lo spettacolo è complesso ed impegnativo, anche a livello di spazio scenico, quindi la stagione è un po’ più diluita rispetto agli standard della nostra compagnia teatrale, perché la fase di pianificazione delle repliche e gli accordi con gli organizzatori richiedono un po’ più di tempo. Nonostante questo, abbiamo registrato degli ottimi numeri, anche rispetto ad altre produzioni che abbiamo portato in scena in passato; finora abbiamo portato “Judas” a quasi 1.000 persone, e intendiamo proseguire in questa direzione. 

E’ la dimostrazione che si può fare arte e spettacolo con la S maiuscola anche in contesti amatoriali, con attenzione non solo alla parte più recitativo/artistica, ma ad una macchina completa dello spettacolo, della quale fanno parte anche luci, audio, logistica, organizzazione, costumi etc. 

Quali sono gli elementi di questo spettacolo che rappresentano i suoi punti di forza?

Sicuramente il pubblico si lega a questo spettacolo per una trama coinvolgente, per il fatto di trattare delle tematiche a cui siamo abituati pensare “vestite” in tutt’altro modo, mentre qui vengono tramutate in un musical, che avvicina gli spettatori non tanto alle figure religiose in sé, ma agli uomini e alle donne che hanno vissuto dietro quelle figure, con la loro umanità, le loro paure, i loro dubbi e le loro debolezze. 

Anche la musica ha la sua parte, come suggerisce il titolo, è un’opera rock, molto coinvolgente e incalzante, esplora un po’ tutti gli ambiti del rock trascinando lo spettatore in un ritmo vorticoso, sia scenico che musicale. 

Nell’ultima replica, durante i ringraziamenti finali, hai voluto soffermarti sulla squadra tecnica degli Operandisti Moderni

Si, sembrano luoghi comuni ma non lo sono per niente. Come dicevo, è motivo di vanto per gli Operandisti Moderni avere al proprio interno una propria squadra tecnica, che si occupa a 360 gradi dell’allestimento e gestione dello spettacolo, dal trasporto al montaggio alla gestione live. E’ un modo innanzitutto per far crescere accanto agli artisti una squadra che lavora con loro, con un continuo scambio reciproco, del quale giova tutta la compagnia. Inoltre ci permette di lavorare fianco a fianco, sia con luci che con audio, in un percorso di costruzione parallela dello spettacolo, sia in fase di preparazione che durante la stagione teatrale. 

Gli spettacolo degli Operandisti Moderni, e questo in particolare, è uno spettacolo tecnicamente impegnativo, soprattutto per la quantità di strumentazione tecnica e di scenografie presenti.. il lavoro di allestimento del set è impegnativo e richiede tempo ma soprattutto organizzazione ed efficienza, ed è fondamentale lavorare bene e con persone preparate ed esercitate ad ottenere il massimo risultato nel minor tempo possibile. Riuscire ad ottenere ottimi risultati anche in termini logistici con una squadra tecnica di una decina di volontari, è motivo di orgoglio!

Qualche riflessione su Judas – Opera Rock

Judas – Opera Rock è l’ultima produzione della compagnia teatrale Operandisti Moderni, con regia di Matteo Cassani e arrangiamenti musicali di Roberto Cioffi.

L’intento dello spettacolo è invitare lo spettatore a porre una maggiore attenzione sulle complesse vicende ed ideologie del primo cristianesimo, L’idea fondante dietro questa sceneggiatura non è l’ardire di fornire risposte definitive, interpretazioni assolute, punti di vista inconfutabili, bensì proprio il contrario: porre domande, intavolare controversie, sottolineare contraddizioni, senza mai poterle concludere, senza dare all’ascoltatore quel senso di completezza che solo una tesi inconfutabile può dare. 

Il ruolo del teatro, anche di quello in ambito locale, è quello di spingere a riflettere, non quello di dare risposte; deve instaurare nell’ascoltatore il seme del dubbio, accendere la scintilla che porta alla riflessione vera, sincera. Questo spettacolo si pone il compito di spingere a riflettere su uno degli argomenti più importanti e determinanti anche nella nostra quotidianità: la religiosità e il nostro rapporto con lei.

Le vicende ruotano intorno a Gesù (interpretato da Matteo Cassani), Giuda (interpretato da Liliana Sommariva) e Maria Maddalena (interpretata da Alice Neotti), i veri tre protagonisti dell’opera. E abbiamo voluto focalizzare l’attenzione non su Gesù, bensì sulla figura di Giuda.

La capacità straordinaria dello spettacolo è quella di poter rendere, in modo diretto e quasi naturale, l’immensità dei punti di vista di ognuno: infatti ogni personaggio avrà il proprio modo di vedere le cose, il proprio approccio e, nei confronti di Gesù Cristo avverrà proprio quello che avviene all’interno delle prime comunità cristiane: ognuno vede quello che vorrebbe vedere, una sorta di specchio delle proprie aspettative.

Gli Apostoli cercano una guida che li possa condurre ad una riabilitazione sociale, ad un futuro migliore, gli Zeloti, guidati da Simone (interpretato da Alice Plebani), vedono un idolo che li potrà condurre alla guerra contro Roma per la liberazione della Palestina, Maria Maddalena vede un uomo di cui si innamora follemente, i sacerdoti (interpretati da Laura Abbati ed Andrew Stratton) vedono un pericolo per lo status-quo, che potrebbe irritare i romani.

Entriamo in un circolo vizioso quasi pirandelliano, dove all’interno di questo continuo gioco di specchi, avremo così tanti Gesù che non riusciremo a capire veramente fino in fondo questo personaggio, tanto da avere uno, nessuno e centomila Gesù.

A complicare ancora di più le cose, è lo stesso personaggio di Jesus: rendere “oggettivamente” questa figura, con caratteristiche storiche e assolute abbiamo già detto quanto impossibile sia, tant’è che lo spettacolo ce lo presenta come una figura imperscrutabile, impossibile da capire fino in fondo, che crea anche un certo distacco emotivo a causa dei suoi continui sbalzi di umore, cambi repentini di idea, momenti di forti dubbi bilanciati da altri di estrema lucidità e forza; insomma, un protagonista molto strano, che però riflette pienamente l’ambiguità letteraria sul suo conto. Più ci sforziamo di capire chi sia veramente e cosa pensi, più continuerà a sfuggirci.

Il vero protagonista dello spettacolo è, come si evince dal titolo, Giuda, o Judas. L’idea di trasformare una figura tradizionalmente maschile in una femminile è una trovata dettata da motivi contingenti del cast degli Operandisti Moderni, ma particolarmente interessante e originale, oltre che di attualità straordinaria. Infatti, i due personaggi principali femminili, Maria Maddalena e Giuda, aprono la riflessione verso il ruolo della donna nella società, quasi emblema del femminismo, e rivendicano un ruolo che nel cristianesimo delle origini forse non hanno mai avuto, schiacciate dalla misoginia sociale, o forse hanno avuto, guidate da un “leader” anticonvenzionale come Gesù, ma del quale sono rimaste pochissime tracce nella tradizione e nella letteratura. È anche spunto di una profonda riflessione sull’attualità, sul ruolo della donna nella società attuale, nella Chiesa e nei confronti della religione, intesa in senso più ampio e maggiormente privo di barriere e confini; la misoginia è una componente che ci arriva diretta dal passato, dalla culla della nostra civiltà, dal mondo classico, e permane trasversalmente ancora oggi in molti ambienti; è una costante nelle maggiori religioni al mondo, così come è una costante nei luoghi lavorativi, nella politica locale e nazionale, nella quotidianità. Secoli di lotta hanno portato ad una riabilitazione della donna, facendole raggiungere una parità di genere in molti Paesi (parità formale, più difficile raggiungere la sostanzialità), ma è un percorso non ancora concluso.

Anzi, la riflessione spinge verso una consapevolezza, sulla quale è importante più che mai riflettere nell’oggi e per il domani: la parità di genere non è l’obiettivo, ma un gradino di passaggio necessario. Dal punto di vista sociale rendere una donna pari ad un uomo è un traguardo che è costato fatica e lotte, ma mai potrà essere specchio di una “giustizia sociale”. Finché la donna non avrà un proprio status giuridico, che la differenzi anche dall’uomo, perché le diversità sono palesi e di natura lavorativa al pari di quella biologica. Molto è stato fatto in questa direzione dai paesi maggiormente “sviluppati”, ma molto va ancora fatto in questa direzione.

Introdurre due donne in un contesto così importante come l’alba del cristianesimo,  e rendere queste figure così determinanti è forse un riconoscimento doveroso e importante, oltre che uno spunto di riflessione trasversale.

Giuda è un personaggio complesso, insicuro, alla ricerca della verità e della cosa giusta da fare; Gesù, secondo lei, si è montato la testa, ha abbandonato le idee per cui era nato il gruppo degli Apostoli, in favore di una concezione più astratta, che però inizia a infastidire sacerdoti e romani. Giuda ha paura, non riesce più a comprenderlo ma, contemporaneamente non riesce a distaccarsene, non riesce ad abbandonarlo, perché legata a lui da vecchi patti ideologici, da una condivisione di idee e obiettivi che nell’oggi non riesce più a trovare e, perché no, anche da un profondo legame affettivo che sconfina nella palese gelosia per la vicinanza tra Gesù e Maria Maddalena.

Emblematici ed interessantissimi sono alcuni magici versi, punto di vista sposato in parte dalla resa scenica e dalla sottotrama dello spettacolo, di Roberto Vecchioni, che dedica al personaggio di Giuda nell’omonima canzone:

“Che bello avere i tuoi trentatré anni

E accarezzare il capo di Giovanni

E dire a Pietro: “Queste son le chiavi

E ti perdono il monte degli Ulivi”.

Manca soltanto lui e ben gli sta

Come ci insegnano si impiccherà;

Ma il primo a uccidersi

Per farti re

stato quello che non salverai!

E ti serviva un uomo da usare e gettar via

Appeso ai nostri buoni “Così sia”.

Dal canto suo, Maria Maddalena è una donna sicura di sé, follemente innamorata di un personaggio complesso e imperscrutabile, che prima le permette di avvicinarsi, poi le fa strani discorsi sull’aldilà e sul suo ruolo nel mondo; inizialmente è lei stessa turbata da questo sentimento, ma poi comprende che ciò che sente va vissuto nell’oggi, senza pensare al domani, approfittando di ogni momento per restare in presenza del suo amato, in un amore che la strappa dalla realtà tanto da non farle comprendere nulla di ciò che sta accadendo finché non sarà troppo tardi per tornare indietro.

Ovviamente non è uno spettacolo di soli contenuti anzi, la scena vorrà la sua parte: grandi effetti luce, grandi coreografie, grandi scene saranno un elemento importante e spesso determinante. Il nostro corpo di ballo con grande impegno studia nei minimi dettagli le difficili coreografie, che spesso necessitano di un sincronismo quasi perfetto con la musica, creando un legame profondo tra la scena e i brani, come se fossero un tutt’uno. E qui si presenta un altro straordinario elemento di questo spettacolo: l’ambiguità di fondo sulle tematiche, dettata da una complessa e contraddittoria letteratura, crea un instabile sostegno a tutto lo spettacolo, e il compositore rende l’idea di questa instabilità di fondo alternando continuamente tempi differenti, da semplici a composti, 4/4 che si trasformano in 2/4 improvvisamente, 7/8 che intervengono facendo perdere il senso ritmico delle frasi, melodie complesse e cambi agogici improvvisi, quasi rapsodici. Una bella sfida per il canto e il ballo: sul palco infatti non si deve “ascoltare”, ma muoversi e recitare “possedendo” la consapevolezza di quello che la musica sta facendo nell’ora, senza lasciarsi scappare il senso di attesa per quello che sta per succedere.

Una particolare menzione la merita il rapporto tra Gesù e la musica rock, che è un elemento fondante di questa messa in scena. Seppure apparentemente antitetici, i due elementi sono storicamente molto legati. Tale legame nasce negli anni della cosiddetta contestazione giovanile, nei quali la musica rock rappresentava a tutti gli effetti una rottura con il passato; questa musica forte, dissonante, “sgraziata”, rappresentava al meglio il senso di protesta e il bisogno di manifestare la distanza da un passato che ormai non rappresentava più una classe giovanile alla ricerca del proprio posto nel mondo.

In questo vediamo, in qualche modo, la stessa parabola di Gesù, visto come un rivoluzionario, che guida una rivolta verso il passato, in quel caso un ebraismo sempre più ricco di forma e privo di contenuti, nel quale le classi giovanili palestinesi iniziavano a non riconoscersi più.

Negli anni ’60 del ‘900 il fascino che la “contestazione religiosa” esercitava sui giovani sessantottini ha fatto si che nascesse questo forte legame tra la musica rock e Gesù.

Un esempio, emblematico, lo fornisce nel 1969 Fabrizio de André, quando con la pubblicazione della “Buona Novella” suggella questo legame, coronato dal ri-arrangiamento dell’album per mano della PFM.

In che senso sono passati 10 anni

In che senso sono passati dieci anni?

 Noi volevamo solo mettere in scena qualcosa, così! Più con lo scopo di trovarci per provare e per impegnare parte del nostro tempo, che con la volontà di fare qualcosa di serio. Ognuno di noi sapeva fare qualcosa. Oddio, “sapere fare” è anche questo un giudizio troppo serio. Diciamo che avevamo delle passioni, chi più per il canto, chi per il ballo, chi per la regia e c’era anche chi si illuminava a smanettare con le apparecchiature. E poi eravamo piccoli. All’epoca i minorenni superavano i maggiorenni. Infatti eravamo composti da piccoli nuclei familiari: coppie di fratelli, genitori con figli, figli che coinvolgevano genitori, fratelli che coinvolgevano amici, ecc… Non avevamo nemmeno un nome quando siamo andati in scena la prima volta. Ripetiamo, niente di serio! Solo che…

Solo che ogni volta che provavamo a ridosso della prima data, succedeva qualcosa, una specie di magia: pezzetti di canzoni, che venivano bene una volta sì e una no (eravamo alle prime armi!), si univano a coreografie, si univano tra loro e visto da giù il tutto aveva senso ed era anche bello da vedere. E poi in scena ci siamo andati, con ansia a mille e molta incoscienza e…siamo piaciuti! Qualcuno di noi se l’era anche aspettato di fare successo, ma qualcuno lo ha fatto sicuramente senza crederci e si è ricreduto. Era bello “1482, Fuco e Amore” e con una carica emozionale fortissima. Sarebbe stato troppo un peccato finirla lì onestamente. Così ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo ampliato il gruppo, aggiustato un po’ le scene e lo abbiamo portato in tournée. La nostra prima tournée! Basta, eravamo partiti. Avevamo deciso di dare vita ad un altro spettacolo, alzando l’asticella, ma con la paura di come il pubblico avrebbe preso il nostro cambiamento. Abbiamo migliorato il settore coreografie, ci siamo lanciati nella registrazione dei cori (un anno di lavoro, raga!) e abbiamo realizzato costumi complicati con un makeup che ci impegnava un pomeriggio intero il giorno dello spettacolo. Ma “Volgi gli occhi alla Luna” è riuscito a sorprenderci. Era talmente ampio il passo in avanti che avevamo fatto che quasi eravamo irriconoscibili (ma questo anche per il trucco in effetti). Lo abbiamo portato un po’ in giro, rimanendo impegnati per circa un anno e mezzo, ma continuando a lavorare “sottobanco” per costruire il prossimo spettacolo. Nel mentre ci lanciavamo anche in spettacolini più semplici, come l’intrattenimento in vista del Natale oppure una versione comica dei Promessi Sposi. Il nostro art director aveva fatto questa cosa di prendere delle canzoni già esistenti nel repertorio perlopiù italiano e aveva cambiato i testi per raccontare la storia di Renzo e Lucia. Ognuno di noi aveva caratterizzato il proprio personaggio un po’ come voleva, come veniva durante le prove e lo avevamo portato in scena un paio di volte. Era tipo il 2015. Solo che poi, dopo “Volgi gli occhi alla Luna” ci siamo ricordati di quello spettacolino, che era carino ed era piaciuto e quindi, forti dell’esperienza accumulata, lo abbiamo rimaneggiato, ampliato e reso più adatto ad un grande evento ed ecco qua: “Su quel ramo del lago di Como” ci ha permesso di calcare le scene per un altro anno, dal 2017 al 2018. Beh, forse stavamo diventando un gruppo serio… passioni a parte, avevamo una struttura interna radicata: gruppo tecnico, team di costruzione delle coreografie, vocal coach, cantanti, gruppo promozione e marketing, area finanziaria, ecc. Ci stavamo strutturando per resistere. 

Di lì a poco ci siamo lanciati in un progetto molto ambizioso con il Corpo Musicale S. Cecilia di Cuggiono e per la prima e unica volta abbiamo realizzato uno spettacolo interamente suonato, oltre che cantato, dal vivo. Questa esperienza è stata davvero magica. E poi siamo riusciti a rendere più bello e complesso anche uno spettacolo di Natale che avevamo già portato in scena in passato. Tutto questo mentre lavoravamo ad un grandissimo progetto…

Che abbiamo dovuto archiviare. Grazie, 2020! E 2021…

Ma non abbiamo chiuso i battenti. Anzi! Siamo andati avanti a provare online, abbiamo seguito corsi di approfondimento sulla drammaturgia musicale, sulla musica jazz, sulla storia della musica in generale e nel frattempo abbiamo messo in scena uno spettacolo musicale che ci permettesse di esibirci anche con la mascherina, senza contatto fisico e potendoci scambiare nel caso in cui qualcuno fosse caduto vittima del virus. “La Musica Nel Cuore”, il nostro primo one man show.

Nel 2022 siamo stati un po’ nascosti. In realtà avevamo ripreso il grande progetto abbandonato nel 2020. Stavolta abbiamo fatto registrare i cori ad altri, non al gruppo cantanti, perché avevamo bisogno di folla. E così ci siamo trovati sul palco in quasi 30. Attualmente il gruppo di ballo e canto è il più grande della storia di Operandisti Moderni (ah sì, perché poi un nome lo abbiamo trovato!). Questo grande progetto si chiama “Judas – Opera rock”. Per ora è andato in scena una sola volta, ma assicuriamo che non sarà l’ultima. E’ stato accolto ancora meglio del progetto precedente. E di quello prima ancora e di quello ancora prima di quello prima e di quello ancora prima…insomma, sono passati 10 anni! 

Ecco, forse 10 anni sono qualcosa di serio. Forse siamo nati per durare. Forse siamo solo fortunati. O forse dobbiamo solo ringraziare chi ci ha sempre creduto, innanzitutto all’interno del gruppo. Abbiamo una grande varianza di personalità e sensibilità, eppure siamo uniti. C’è chi trascina tutti, chi fa da collante, chi esegue, chi mette in dubbio, chi è sempre entusiasta, chi va ogni tanto “rianimato”, chi va rassicurato, chi se la prende, chi non se la prende mai, chi non sa come è arrivato fino a qui, chi lo sa benissimo, chi spera tanto nel futuro, chi si accontenta di quello che ha già avuto, chi è un po’ tutte queste cose insieme. Come ha detto il regista nella nostra ultima replica, Operandisti Moderni sono una grande “macchina”, un insieme di persone diverse con idee diverse che però si sono trovate tutte ad incanalarsi nella stessa direzione, lavorando tutte allo stesso progetto, apportando competenze diverse e contributi equamente fondamentali. Chi viene a vedere Operandisti Moderni, chi ci segue da 10 anni e chi ci ha scoperto da meno, viene a vedere una realtà complessa, non solo uno spettacolo. Viene a vedere una realtà, che, nel mondo attuale difficile ed estremamente incasinato, resiste negli anni e continua ad appassionare.

Grazie pubblico e…grazie, Operandisti Moderni!

Il ruolo della scena in Judas – Opera Rock

Il ruolo della scena in Judas – Opera Rock

di Matteo Cassani (Regista di Judas – Opera Rock)

Ovviamente, come tutte le produzioni degli Operandisti Moderni, Judas – Opera Rock non è uno spettacolo di soli contenuti, anzi, la scena vorrà la sua parte: grandi effetti  luce, grandi coreografie, grandi scene saranno un elemento  importante e spesso determinante. Il nostro corpo di ballo con  grande impegno studia nei minimi dettagli le difficili coreografie,  che spesso necessitano di un sincronismo quasi perfetto con la  musica, creando un legame profondo tra la scena e i brani, come se  fossero un tutt’uno. E qui si presenta un altro straordinario elemento  di questo spettacolo: l’ambiguità di fondo sulle tematiche, dettata da  una complessa e contraddittoria letteratura, crea un instabile  sostegno a tutto lo spettacolo, che il compositore prima e gli arrangiamenti musicali poi rendono l’idea di questa  instabilità di fondo alternando continuamente tempi differenti, da  semplici a composti, 4/4 che si trasformano in 2/4 improvvisamente,  7/8 che intervengono facendo perdere il senso ritmico delle frasi,  melodie complesse e cambi agogici improvvisi, quasi rapsodici. Una  bella sfida per il canto e il ballo: sul palco infatti non si deve “ ascoltare ” , ma muoversi e recitare “possedendo” la  consapevolezza di quello che la musica sta facendo nell’ora,  senza lasciarsi scappare il senso di attesa per quello che sta per  succedere.

Judas nella versione degli Operandisti Moderni

Judas nella versione degli Operandisti Moderni

di Matteo Cassani (regista di Judas – Opera Rock)

Giuda è un personaggio complesso, insicuro, alla ricerca della verità e della cosa giusta da fare;  Jesus, secondo lei, si è montato la testa, ha abbandonato le idee per cui era nato il gruppo degli  Apostoli, in favore di una concezione più astratta, che però inizia a infastidire sacerdoti e romani.  

Judas ha paura, non riesce più a comprenderlo ma, contemporaneamente non riesce a distaccarsene,  non riesce ad abbandonarlo, perché legata a lui da vecchi patti ideologici, da una condivisione di  idee e obiettivi che nell’oggi non riesce più a trovare e, perché no, anche da un profondo legame  affettivo che sconfina nella palese gelosia per la vicinanza tra Jesus e Maria Maddalena. 

Emblematici ed interessantissimi sono alcuni magici versi, punto di vista sposato in parte dalla resa  scenica e dalla sottotrama dello spettacolo, di Roberto Vecchioni, che dedica al personaggio di  Giuda nell’omonima canzone: (che puoi ascoltare cliccando qui)  

“Che bello avere i tuoi trentatré anni 
E accarezzare il capo di Giovanni 
E dire a Pietro: “Queste son le chiavi 
E ti perdono il monte degli Ulivi”. 
Manca soltanto lui e ben gli sta 
Come ci insegnano si impiccherà; 
Ma il primo a uccidersi 
Per farti re 
stato quello che non salverai! 
E ti serviva un uomo da usare e gettar via 
Appeso ai nostri buoni “Così sia”.

Il personaggio di Giuda trasformato in donna

Matteo Cassani, che cura la regia di Judas – Opera Rock, racconta il perché della trasformazione del personaggio di Giuda in femminile

 

Il vero protagonista dello  spettacolo è, come si evince dal  titolo, Judas. L’idea di  trasformare una figura  tradizionalmente maschile in  una femminile è una trovata  dettata da motivi contingenti del  cast OM, ma particolarmente  interessante e originale, oltre  che di attualità straordinaria.  Infatti, i due personaggi  principali femminili, Maria  Maddalena e Judas, aprono la  riflessione verso il ruolo della donna nella società, quasi  emblema del femminismo, e  rivendicano un ruolo che nel  cristianesimo delle origini forse  non hanno mai avuto, schiacciate  dalla misoginia sociale, o forse  hanno avuto, guidate da un “leader” anticonvenzionale come Gesù, ma del quale sono rimaste  pochissime tracce nella tradizione e nella letteratura. È anche spunto di una profonda riflessione  sull’attualità, sul ruolo della donna nella società attuale, nella Chiesa e nei confronti della religione,  intesa in senso più ampio e maggiormente privo di barriere e confini; la misoginia è una  componente che ci arriva diretta dal passato, dalla culla della nostra civiltà, dal mondo classico, e  permane trasversalmente ancora oggi in molti ambienti; è una costante nelle maggiori religioni al  mondo, così come è una costante nei luoghi lavorativi, nella politica locale e nazionale, nella  quotidianità. Secoli di lotta hanno portato ad una riabilitazione della donna, facendole raggiungere  una parità di genere in molti Paesi (parità formale, più difficile raggiungere la sostanzialità), ma è  un percorso non ancora concluso. 

Anzi, la riflessione spinge verso una consapevolezza, sulla quale è importante più che mai riflettere  nell’oggi e per il domani: la parità di genere non è l’obiettivo, ma un gradino di passaggio  necessario. Dal punto di vista sociale rendere una donna pari ad un uomo è un traguardo che è  costato fatica e lotte, ma mai potrà essere specchio di una “giustizia sociale”. Non lo sarà mai, finché la donna non  avrà un proprio status giuridico, che la differenzi anche dall’uomo, perché le diversità sono palesi e nellai natura lavorativa al pari che in quella biologica. Differenze peculiari, che rendono unici e necessariamente compenetranti i due mondi.  Molto è stato fatto in questa direzione dai paesi  maggiormente “sviluppati”, ma molto va ancora fatto in questa direzione. 

Introdurre due donne in un contesto così importante come l’alba del cristianesimo, e rendere queste  figure così determinanti è forse un riconoscimento doveroso e importante, oltre che uno spunto di  riflessione trasversale.

Regia e Adattamento Scenico di “Judas – Opera Rock”

Matteo Cassani, che cura la regia di Judas – Opera Rock, racconta l’adattamento scenico di questa produzione teatrale degli Operandisti Moderni

Quando abbiamo iniziato a lavorare a questa nuova sceneggiatura, volevamo dare una piega originale, più “storica”, cercando di porre una maggiore attenzione sulle complesse vicende  ed ideologie del primo cristianesimo, senza che la scena fosse contaminata da elementi appartenenti  ad altro tipo di filosofia e con altro tipo di intento. L’idea fondante dietro questa sceneggiatura non è l’ardire di fornire risposte definitive, interpretazioni assolute, punti di vista inconfutabili, bensì  proprio il contrario: porre domande, intavolare controversie, sottolineare contraddizioni, senza mai  poter concludere, senza dare all’ascoltatore quel senso di completezza che solo una tesi  inconfutabile può dare.  

Il ruolo del teatro, anche di quello locale, è quello di spingere a riflettere, non quello di  dare risposte; deve instaurare nell’ascoltatore il seme del dubbio, accendere la scintilla che porta  alla riflessione vera, sincera. Questo spettacolo si pone il compito di spingere a riflettere su uno  degli argomenti più importanti e determinanti anche nella nostra quotidianità: la religiosità e il  nostro rapporto con lei. 

Le vicende ruotano intorno a Gesù (interpretato da Matteo Cassani), Giuda (interpretato da Liliana  Sommariva) e Maria Maddalena (interpretata da Alice Neotti), i veri tre protagonisti dell’opera. E rispetto alla  versione originale, abbiamo voluto invece focalizzare  l’attenzione non su Gesù, bensì sulla figura di Giuda.  La capacità straordinaria dello spettacolo è quella di poter  rendere, in modo diretto e quasi naturale, l’immensità dei  punti di vista di ognuno: infatti ogni personaggio avrà il  proprio modo di vedere le cose, il proprio approccio e, nei  confronti di Gesù Cristo avverrà proprio quello che avviene  all’interno delle prime comunità cristiane: ognuno vede  quello che vorrebbe vedere, una sorta di specchio delle  proprie aspettative.  

Gli Apostoli cercano una guida che li possa condurre ad una  riabilitazione sociale, ad un futuro migliore, gli Zeloti, guidati  da Simone (interpretato da Alice Plebani), vedono un idolo  che li potrà condurre alla guerra contro Roma per la  liberazione della Palestina, Maria Maddalena vede un uomo di  cui si innamora follemente, i sacerdoti (interpretati da Laura  Abbati ed Andrew Stratton) vedono un pericolo per lo status-quo, che potrebbe irritare i romani. Entriamo in un circolo vizioso quasi pirandelliano, dove all’interno di questo continuo gioco di  specchi, avremo così tanti Gesù che non riusciremo a capire veramente fino in fondo questo  personaggio, tanto da avere uno, nessuno e centomila Gesù. 

A complicare ancora di più le cose, è lo stesso personaggio di Jesus: è nello spettacolo una figura imperscrutabile, impossibile da capire fino in fondo,  che crea anche un certo distacco emotivo a causa dei suoi continui sbalzi di umore, cambi repentini  di idea, momenti di forti dubbi bilanciati da altri di estrema lucidità e forza; insomma, un  protagonista molto strano, che però riflette pienamente l’ambiguità letteraria sul suo conto. Più ci  sforziamo di capire chi sia veramente e cosa pensi, più continuerà a sfuggirci.

Area Make-Up – Job Description

Gli operatori dell’Area Make-up si occupano della fornitura del materiale cosmetico, dello studio e della realizzazione del trucco scenico degli attori facenti parte del cast di uno spettacolo sulla base del soggetto dell’opera portata in scena, del suo contesto ed eventuale periodo storico e dei caratteri salienti dei singoli personaggi.

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