Su quel ramo del lago di Como nasce nel 2015 e si inserisce nel panorama della proposta artistica degli Operandisti Moderni; infatti fin da subito abbiamo adottato una programmazione teatrale che vede alternarsi spettacoli complessi, impegnati ed impegnativi, a spettacoli più semplici e divertenti. Altra caratteristica molto importante di questa seconda categoria è l’estrema flessibilità della scena, che può allargarsi o restringersi a piacimento. Questo ci permette di poterci adattare a qualsiasi teatro della nostra zona, dai più grandi ai più piccoli. Inoltre il fatto di “tenere i piedi in più scarpe”, senza settorizzarci su un genere teatrale preciso ma mantenendo questo stile eclettico, permette di avere in primo luogo agli artisti un’esperienza teatrale più completa, e in secondo luogo al pubblico una proposta teatrale maggiormente variegata. Così negli anni abbiamo costruito delle stagioni più impegnative, con produzioni più grosse e un lavoro organizzativo e logistico più ampio, accostando a queste stagioni più semplici sia in termini artistici che organizzativo/logistici, come quella che andiamo a proporre con “Su quel ramo del lago di Como”.

Si tratta di una commedia musicale, che riprende la famosa vicenda di Alessandro Manzoni de i “Promessi Sposi” e la rivede, mettendo in scena una sorta di parodia, pur mantenendosi fedele all’originale. L’idea è quella di staccarsi da una concezione “accademica” e rivalutare il famoso romanzo non come un caposaldo della letteratura italiana (quale ovviamente è e rimane) ma renderlo più agevole e divertente agli occhi di un pubblico medio; il nostro scopo è dimostrare come una storia che appartiene ad un’epoca cronologica e culturale molto lontana, può essere uno spunto per fare spettacolo ancora oggi. Lo spettacolo è tarato, come abbiamo detto, in modo comico e divertente, con l’inserimento di gags, personaggi/comparse buffe, che mantengono alta l’attenzione dello spettatore. E’ uno spettacolo che definirei “superficiale” proprio per questo motivo, perché coinvolge chi lo guarda attraverso il sorriso, che oggi è una delle modalità più semplici ed efficaci. Ciò non toglie, come dicevamo in principio, che l’attività degli Operandisti Moderni si dedichi anche ad altre modalità, più “nobili”, che vedono il coinvolgimento attraverso i contenuti o, ancora più difficile, attraverso la lacrima; tutte modalità che con il tempo la nostra compagnia teatrale ha proposto e proporrà.

Nonostante la vena di fedeltà che lega Su quel ramo del lago di Como alla sua matrice manzoniana, ci sono una serie di differenze e reinterpretazioni che vale la pena sottolineare: in primo luogo il personaggio di Agnese, madre di Lucia, apprensiva e decisa in Manzoni, che in scena è tramutata in una donna trasgressiva (basti pensare al suo primo ingresso in scena, sulle note di “I Want to Break Free”, impugnando un’aspirapolvere, in riferimento alla versione originale dei Queen). Rimane immutato il suo attaccamento per Lucia, ma il comportamento è molto più assimilabile a quello di una teenager troppo cresciuta.

Immutato rimane invece il personaggio di Lucia, statica, passiva e in balia degli eventi. Non c’è da parte sua alcun ruolo attivo e per tutta la durata dello spettacolo sarà trascinata da una parte e dall’altra a seconda del volere dei parenti prima, dei carcerieri e degli eventi poi.

Nonostante la vena comica, non mancano le scene più serie, come il racconto dell’infanzia della monaca di Monza (presente solo nella nuova edizione dello spettacolo) piuttosto che l’avvento della peste, che mantengono il loro carattere tragico, pur con l’aggiunta di qualche lazzo o gags con il preciso scopo di dissimulare la tensione.

Altra rivisitazione in fatto di personaggi riguarda l’Innominato, trasformato in un potente boss mafioso; l’idea di questa trasformazione affonda le sue radici nella società attuale, che fa fatica a vedere dietro gli scandali e i reati che ci circondano ogni giorno, l’ombra delle organizzazioni criminali; troppo stesso, soprattutto al nord, ci riteniamo al di fuori di quel mondo considerato troppo lontano, rilegato al sud, alla Sicilia, alla Calabria, o peggio ancora, frutto della fantasia di Francis Ford Coppola. In realtà, in piena Padania, un signorotto come don Rodrigo, simbolo del potere amministrativo e della corruzione politica dilagante, è costretto a rivolgersi proprio all’Innominato per avere aiuto, allo stesso modo di un funzionario o politico corrotto deve rivolgersi alla criminalità organizzata per avere sostegno e aiuto. E così l’innominato, immerso nel suo mondo di oro e “picciotti”, si trova a dover affondare le sue mani nel terreno della realtà.

Immutata rimane invece la vena religiosa, propria di un Manzoni tardo, che abbiamo voluto mantenere; è infatti solo grazie alla Provvidenza che i poveri possono salvarsi, ed è sempre grazie a questa che i ricchi vengono spogliati delle loro ricchezze, e giudicati alla pari di tutti gli altri; un sogno che purtroppo nella nostra società sembra sempre di più utopia: di fronte alla corruzione e al potere, solo Dio ci può salvare! Una soluzione che piace molto a Manzoni ma che personalmente ho voluto mantenere pur non essendo completamente d’accordo: vero è che solo Dio ci può salvare, ma il ruolo attivo dell’uomo nel processo di salvataggio non può essere superfluo in nessun modo! In ogni caso, ho voluto lasciare questo intervento “divino” che risolve ogni cosa, come fosse un film a lieto fine, perché forse è proprio questo il nostro desiderio più grande, che qualcuno dall’alto ci salvi all’improvviso, mentre noi ce ne stiamo comodamente seduti ad aspettare il suo arrivo. Se da un lato vogliamo ardentemente combattere e impugnare attivamente la nostra vita, dall’altro siamo esseri umani, più avvezzi alla “rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente!” come diceva Giorgio Gaber, che di comportamenti umani ne sapeva molto. In questa prospettiva l’intero spettacolo assume quindi un ruolo estremamente provocatorio oltre che un profondo spunto di riflessione, perché pone una questione per me importantissima: ce ne stiamo seduti ad aspettare l’intervento di Dio, o ci muoviamo attivamente e lo aiutiamo a rendere il mondo un posto migliore?

 

Matteo Cassani (regista di Su quel ramo del lago di Como)