di Davide Chiodini

 

 

 

 

Aveva appena raggiunto il traguardo delle cento candeline, neanche il tempo di realizzare di essere in vita esattamente da un secolo e in poco più di una settimana ci ha lasciati. Soltanto fisicamente, perché il suo ricordo, unito al talento straordinario, rimarrà per sempre scolpito in modo indelebile nella memoria collettiva, non solo di chi l’ha vista, ma anche delle nuove leve, perché di lei sicuramente si continuerà a parlare per molto tempo ancora. 

Purtroppo il 2020 non verrà ricordato solo come l’anno del Covid e di altre calamità (naturali o dettate dalla mano dell’uomo), ma anche per la scomparsa di figure chiave del Novecento, in particolare del mondo dello spettacolo: a livello internazionale Olivia de Havilland, ultima interprete di quel kolossal che è stato Via col Vento, da noi in Italia invece Gianrico Tedeschi, Sergio Zavoli e da ultimo lei: Franca Valeri. 

Non è facile condensare in poche righe la sua lunga carriera, così come descriverne l’aspetto umano. Sicuramente ciò che per primo va detto è che è stata una donna. La precisazione può sembrare inutile e banale, al contrario serve come punto di partenza per tratteggiare il ritratto dell’artista immensa quale è stata. 

Donna appunto in un’epoca di uomini, in cui la comicità, di cui è stata sempre grande rappresentante, era appannaggio degli attori comici, in particolare Walter Chiari. Eppure, con grande arguzia, finezza psicologica nel costruire i personaggi, ma anche senso del reale, Franca Valeri ha saputo imporsi nel mondo dello spettacolo e nella tv delle origini grazie alle innate doti dell’ironia e della sagacia. Memorabili i personaggi della Signorina Snob e della Sora Cecioni, la prima donna elegante e sofisticata che fa delle mode e delle manie una stigmatizzazione dei comportamenti ipocriti della borghesia milanese, alla quale la Valeri apparteneva, la seconda invece rappresentante di quel ceto popolare delle borgate romane, dalla parlata ruspante e dallo sguardo vivace, sempre al telefono con la mamma, alla quale chiede costantemente consigli. 

Franca Valeri e Alberto Sordi

Lei, all’anagrafe Alma Franca Maria Norsa (Valeri è un omaggio al poeta Paul Valéry), che fin da giovanissima ha conosciuto la durezza della vita, per via delle leggi razziali che a partire dal 1938 hanno privato molte famiglie di origine ebraica dei diritti fondamentali, ha sempre saputo guardare al mondo con ironia e con il giusto distacco, per immergersi in quei personaggi che l’hanno resa celebre. 

Non vanno inoltre dimenticati i lavori al cinema, di cui almeno bisogna menzionare il film Il vedovo del 1959, in cui duetta con un impareggiabile Alberto Sordi, dando vita ad una raffica di battute al vetriolo: la più famosa, divenuta ormai di uso gergale, è l’appellativo, non troppo benevolo, rivolto al marito, ovvero cretinetti

Anche il palcoscenico l’ha vista indiscussa protagonista, grazie all’ingresso nella compagnia del Teatro dei Gobbi a partire dal 1949, di cui faceva parte quello che sarebbe diventato in seguito il futuro marito, ovvero Vittorio Caprioli. La cifra stilistica della compagnia consiste nel non far indossare alcun travestimento agli attori, ognuno si presenta sul palco così com’è, in modo che il personaggio interpretato risulti un’invenzione del momento. 

Si potrebbe continuare all’infinito a parlare di lei, non solo per la lunga vita che ha vissuto, ma soprattutto per l’interprete raffinata e intelligente che è stata, donna dai molti volti artistici, ogni volta degnamente e validamente portati in scena. Forse, più che tanti elogi o panegirici postumi, risulta più elegante e significativo concludere con le parole di Stefania Bonfadelli, il soprano figlia adottiva di Franca Valeri: «il teatro è stata la sua religione».